Il lavoro di Mariateresa Sartori si inserisce perfettamente all’interno dello spirito della collezione di Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730) che intendeva sottolineare le regolarità di natura portatrici di verità e non le anomalie fonte di stupore e meraviglia.
Attraverso tecniche diverse che vanno dai frottages ai calchi, dalla fotografia stenopeica alla fotografia con il microscopio ottico, l’artista registra e riporta le variazioni generate dalla struttura sia essa animata o inanimata: sassi, sabbie, pianticelle, rocce. Cuore della ricerca è il concetto di variazione: le variazioni possibili sono infinite ma non tutte le variazioni sono possibili.
Da Utilità dei fini futili di Angela Vettese: “L’artista si fa dunque strumento di registrazione delle variazioni che si sono concretizzate nei sassi (e nelle piante), quelle e non altre, per caso e per necessità… nulla viene concesso alla sua personale facoltà inventiva e tantomeno emotiva, nell’intento di osservare ciò che è stato e di sapere che le cose sono andate proprio così o abbastanza così, anche se tutto poteva andare diversamente”.
Mariateresa Sartori non inventa nulla e tiene semplicemente conto della realtà come si presenta ai nostri sensi, ai nostri occhi e al nostro tatto restituendola in modo fedele o tanto fedele quanto gli umani sensi lo consentano.
È vistosa l’assonanza con i principi costitutivi dell’Istituto delle Scienze di Palazzo Poggi nato secondo i criteri metodologici dell’osservazione diretta e dell’esperimento, diventando per gli scienziati europei del Settecento una sorta di “enciclopedia per i sensi”. Tuttavia la consapevolezza che in realtà le verità scientifiche sono molto spesso controintuitive (e quindi in contrasto con il nostro naturale sentire) sottolinea la irriducibilità di un fare che non tende al raggiungimento di un risultato. Non c’è bisogno che tutto sia finalizzato, il bisogno umano di comprendere la realtà tramite classi e categorie, semplificazioni e approssimazioni procede senza scopo ultimo se non quello della conoscenza.
L’ipotesi classificatoria marsiliana prende le mosse dalle pietre, dai fossili, dai minerali, e successivamente dalle piante. Allo stesso modo la ricerca di Mariateresa Sartori abbraccia pietre, minerali, fossili e piante attraverso tecniche diverse.
Mostra a cura di Lucia Corrain su invito di Angela Vettese
Fonti: Bologna agenda cultura