In epoca medievale Bologna è stato un importantissimo polo di produzione della seta e a tal fine si avvaleva di un evoluto impianto idraulico. Ad oggi possiamo ancora trovarne i segni nel piano urbanistico. Bologna era una città servita in maniera capillare dai canali le cui acque erano utilizzate nelle attività quotidiane della popolazione oltre che per la produzione di energia. Con l’arrivo
dell’elettricità e il conseguente cambiamento del sistema produttivo, i canali cittadini furono coperti e dimenticati. Ora questo lungo percorso sarà valorizzato dal Comune e affidato per la prima volta a un gestore. Pozzi, cunicoli, gallerie, acquedotti, rifugi antiaerei della seconda guerra mondiale: a breve verranno riconsegnati ai bolognesi e ai turisti, proprio come un museo, ma questa volta nascosto, dove per entrare bisogna mettersi in fila con il biglietto in mano. Una realtà sotterranea, ai più sconosciuta.
Si tratta, ma è solo un parziale elenco, del canale d’Aposa, dei Bagni di Mario, della Fonte Remonda, della Salara, della Casa del Ghiaccio, della Chiusa di San Ruffillo, del Canale delle Moline e di quello di via della Grada. Una Bologna oramai scomparsa che la giunta, con una recente delibera, ha deciso di affidare per sei anni a un privato tramite un bando allo studio dei tecnici comunali. Non tutti questi siti però sono già nelle condizioni di poter essere visitati, per questo Palazzo D’Accursio finanzierà i lavori per l’agibilità dei canali mentre al nuovo concessionario, a cui è richiesta esperienza nel campo turistico e dell’animazione, spetterà la messa in sicurezza. In accordo con il Comune poi, si legge nella delibera, “il gestore fisserà le tariffe per l’agibilità da parte di realtà che, pur non concorrendo alla gestione, siano interessate a proporre a cittadini e turisti specifici percorsi di scoperta”, percorsi di una città che non esiste più ma che è parte integrante, come piazza Maggiore o le sue Torri, della storia di Bologna.